giovedì 8 settembre 2011

E' una questione di qualità.


"E' una questione di qualità, è una questione di qualità 
o una formalità, non ricordo più bene, una formalità."
CCCP - "Io sto bene"


Comincio un post molto pretenzioso e non so se lo porterò a termine, ma da quando sono tornata a navigare nel mare magnum delle FF in italiano, non riesco a fare a meno di notare il ricorrere di una serie di vizi di forma, orrori grammaticolessicali e compagnia bella.
Leggendo in inglese mi capita meno spesso (attenzione, non ho detto mai) di trovare ingenuità di linguaggio tali che pregiudichino il godimento della storia. In italiano, d'altro canto, una storia su due ne è affetta.

Vorrei provare a buttare giù il mio parere su quali sono i punti critici cui prestare attenzione mentre si scrive una FF(o una storia in generale) e mi piacerebbe sentire la vostra opinione e avere il vostro contributo.
Andiamo ad incominciare.

Trovate il post dopo il "salto".
Molto LJ style, molto utile con post così lunghi.





I Maledetti puntini.
Colpevole, vostro onore! Rileggendo storie scritte in passato, so che non sono stata immune a questa orrenda malattia, credo sia quasi un passaggio obbligato, una specie di morbo dettato dall'età, forse.
Per fortuna ci si può correggere, si può guarire.
Sto parlando del fiorire di puntini di sospensione alla fine delle frasi. Le fan fiction ne sono piene, ricolme, traboccanti.
Lo so, può sembrare che ci vogliano proprio i puntini di sospensione per rendere l'incertezza di una frase, per darle quella disinvoltura che serve a ricreare un discorso naturale, spontaneo, ma a ben guardare non è così.
Molto spesso i tre puntini sono superflui, la frase, se ben formulata, rende perfettamente l'idea che vuole rendere anche senza quel fastidioso buco tripuntuto.
Una storia piena di puntini di sospensione mi dà immediatamente l'impressione di un racconto adolescenziale, poco curato, come se le frasi fossero state buttate lì a manciate, senza cura e senza impegno.
I tre puntini servono a lasciare un discorso in sospeso, a interrompere e lasciare vago un pensiero. Meglio usarne pochi, ma usarli quando davvero serve, così da non fargli perdere il loro significato e da non far sembrare la pagina affetta da varicella.
Quando poi si decide di usarli, dopo tutte le considerazioni del caso, grammatica vuole che i puntini siano tre. Non due. Non sette. Tre. Vi scongiuro.

Con tutto il mio entusiasmo!
I punti esclamativi. Il discorso è molto simile a quello dei puntini di sospensione: nelle ff abbondano i punti esclamativi. il risultato è che tutti i personaggi sembrano un branco di entusiasti strafatti di anfetamine, narratore compreso.
Si dovrebbe cercare di rendere il senso di una frase con le parole che si scelgono, con l'ordine nel quale si decide di utilizzarle, non con un'aggiunta finale di punti esclamativi.
Fate una prova, prendete una frase che termina con un punto esclamativo e toglietelo. Nove volte su dieci è abbastanza incisiva e forte anche senza.
A mio parere, l'esclamativo andrebbe lasciato solamente quando, rileggendo, pensiamo che sia fondamentale per rendere il senso e l'atmosfera di ciò che stiamo scrivendo e questo, io penso, accade una volta su dieci.
Anche in questo caso, poi, c'è la questione dei numeri.
Raramente, molto, molto raramente servono tre punti esclamativi, nel 99,99% dei casi, uno è sufficiente.
Più di tre punti esclamativi non sono da considerarsi scrittura, ma grafica in Ascii.
Una storia farcita da una riga di punti esclamativi per me equivale a un immediato cambio di pagina del browser.

Capo ha.
Le frasi fatte sono parte del nostro linguaggio, ne usiamo tantissime tutti i giorni senza accorgercene ed è impossibile scrivere una storia senza essere influenzati da questa realtà e senza infilarcene dentro qualcuna. Sarebbe però il caso di evitare di infarcire una ff di frasi fatte, di banalità assortite e di clichés preconfezionati.
Non sto dicendo che dovremmo disfarci delle frasi idiomatiche che arricchiscono la nostra lingua, nossignore, ma che si deve stare attenti ai clichés e alle banalità, cercando magari una nuova strada per rendere una descrizione interessante, un dialogo fluido, una frase davvero ad effetto.
Far dire a un innamorato "non c'è altro posto in cui vorrei essere ora" è banale e sa di tappo.
Descrivere i capelli della protagonista come "lisci come seta" è superbanale.
Dire che per qualcuno "era come il mondo gli fosse crollato addosso" dimostra un bel po' di pigrizia.
Ci sono mille combinazioni nella nostra lingua che possono essere usate e che rendono un testo interessante. Usarle potrebbe non essere male, se si vuol scrivere.

Non il gattino.
Virgola. Oh, virgola! Croce e delizia dello scrittore professionista così come del dilettante.
Io ho un rapporto conflittuale con la virgola, per cui forse non dovrei parlare, ma perlomeno ho un rapporto con questo grazioso segno d'interpunzione. Molti le distribuiscono a caso nel discorso, lanciandole come astragali sulle parole e lasciandole germogliare là dove cadono. Questa metafora era un po' eccessiva, chiedo scusa. Porterò un esempio per farmi perdonare.


Da Spinoza Blog del 28 giu 2011:
Speroni, un leghista a 316 km/h in autostrada.
Senza virgola è più divertente. [filipio]

Satira grammaticale. Ottimo esempio, no?

Le virgole sono complicate e hanno una vagonata di regole. Le virgole possono cambiare il senso di una frase anche drasticamente e bisognerebbe sempre chiedersi, quando si rilegge per sistemarle, se il senso di quello che volgiamo dire è comprensibile o meno. E' a questo che servono, le benedette virgole: a rendere un testo comprensibile a tutti quelli che lo leggeranno. A tenere insieme soggetti e verbi, finché morte non li separi. A dividere coordinate, a separar subordinate a chiarir concetti.
Quando vedo una virgola tra soggetto e verbo, una parte di me muore.

Siamo tornati a casa stanchi, ma felici.
Nel panorama ff italiano ci sono molti autori giovanissimi, questo è vero. Non gli si fa un gran favore, però, condonandogli ingenuità assortite senza battere ciglio. Ci sono zilioni di aggettivi nella lingua italiana e fantastilioni di termini che si possono utilizzare per descrivere e raccontare.
Quando leggo cose come "arrivarono alle porte di un palazzo molto bello", penso che l'autore abbia tredici anni o che avesse fretta di andare a cena.
Dovrei portare molti più esempi per rendere bene il concetto che sto tentando di esprimere e ora naturalmente non mi vengono in mente.
Quel che cerco di dire, però è questo: si può dire la stessa cosa in maniera ingenua, usando parole comunissime e piatte senza accorgersi di stare facendo del male al proprio testo. E' grave quando questo accade senza che ce ne accorgiamo, ma è imperdonabile quando succede perché non abbiamo voglia di impegnarci a trovare qualcosa di meglio. Nessuno ci ordina di metterci davanti al computer e scrivere, quindi tanto vale farlo bene, se decidiamo di farlo, no?
E' un discorso molto simile a quello delle frasi fatte, dove un'immaginazione è sempre fervida e l'indipendenza è sempre tanto agognata, la realtà è dura e tutti, ad una prima occhiata parevano semplici ragazzi, quando invece...
Mi sono spiegata? Boh, forse no, ma andiamo avanti.

Inglisc is veri gud, zenkui!
I tre quarti delle storie hano titoli in inglese.
No, mi correggo. Tre quarti delle storie hanno titoli in una lingua strana che vorrebbe essere inglese.
Non sono del tutto contraria alla pratica esterofila che appioppa titoli nell'albionico idioma a storie scritte in italiano, ogni tanto può starci, perché no. Però, se vuoi scrivere una frase in inglese, perlamordiddio, scrivila in un inglese corretto! Che sia una frase all'interno del racconto o che sia invece il titolo della FF, controlla di non aver composto un Frankenstein che sembra uscito da una brutta scazzottata con BabelFish!
E ricordiamoci che l'inglese ha anche lui le sue belle frasi idiomatiche e i suoi modi di dire, oltre che una marea di doppi sensi, che potrebbero rendere il vostro titolo tanto ricercato una esilarante frase di dubbio gusto.
Nel dubbio, esiste San Google, protettore di tutti i curiosi e gli ardimentosi, che potrà fare luce sui significati più oscuri e gergali, nonché illuminarci su grammatica e sintassi delle lingue straniere.
Perché la prossima volta che leggo un titolo come "Under the my bush" (giuro), dopo aver smesso di ridere, comincio a piangere.

Pittoooore ti voglio parlaaare!
Ovvero la sindrome da Smemoranda.
Ovvero la paiga della formattazione fantasiosa.
Un bel font, chiaro e semplice, non troppo grande, non troppo piccolo, nero su bianco o bianco su nero, giustificato o allineato a sinistra. I corsivi quando servono e i grassetti possibilmente MAI. Un asterisco o tre per dividere paragrafi con dei salti significativi o magari una bella linea orizzontale.
Chiedo troppo?
Sì. lo so.
Su EFP in particolare, alcuni autori hanno questo desiderio di riempire le loro storie di colori, segni grafici fantasiosi, di scrivere tutto centrato o di cambiare grandezza del carattere, colore, font, per rendere meglio il significato che vogliono esprimere.
Ma... Ma... Ecco, ci sarebbero già le parole per questo, chiedo scusa. Esiste la punteggiatura, per questo.
Utilizzare la formattazione per trasformare un testo in una pagina della Smemo del liceo non è indice di creatività, ma di insicurezza nelle proprie capacità di scrittore. E' come gridare "Non ho idea di come si faccia a scrivere in italiano questa roba che sto cercando di scrivere e quindi faccio a modo mio!"
La ragione per la quale i libri che si vedono in libreria non sono tutti colorati e pieni di font puccettosi NON è che gli editori non hanno voglia e soldi per pagare un grafico.


Bene, ho blaterato troppo anche questa volta, ma spero di non avervi annoiato.
forse riprenderò il discorso, nel frattempo mi piacerebbe leggere cosa ne pensate e quali altri vizi di forma trovate imperdonabili nelle storie che leggete.
Parliamo solamente di forma, per ora, alla sostanza magari ci arriveremo in futuro.
Se avessi letto questa frase quando avevo dodici anni e scrivevo i miei racconti sul diario, mi sarei sputata in faccia. Mioddio. Crescere.

3 commenti:

Rosaneve ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Rosaneve ha detto...

Dimentichi forse le virgolette?

Io ne abuso amabilmente nei miei "messaggini" (capito cosa intendo? ;) ), ma so benissimo di non avere le skill per scrivere più della lista della spesa. In una ff, o in qualsiasi altro raccondo degno di questo nome, devono però essere usate solo per i discorsi diretti dei personaggi.
Meglio un elegante italic se ci sono parole su cui porre un particolare accento in una frase.

Anonimo ha detto...

Sono diventata una grande fan del corsivo, che è un uso tutto anglosassone e molto meno diffuso da noi. Mi paice e rende bene, naturalmente senza esagerare!

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